Come gli indiani… seguire le tracce

Se l’obiettivo è quello di avere un olio di qualità che preserva tutte le sue virtu’ organolettiche e salutistiche perche’ non dovremmo sapere esattamente da dove viene, di cosa e’ fatto cioe’ quali sono i veri componenti originali e chi lo ha fatto. Questa domande sono legittime per ogni alimento ma se si va a ben vedere sull’olio, che a mio avviso e’ ancora trattato come un condimento invece che come un alimento, la cosa si fa un po’ meno chiara. Non fraintendiamo se andiamo a leggere le normative che riguardano l’Olio Extravergine di Oliva c’e’ da diventare pazzi ….ma ….sono efficaci?

Gran parte di cio’ che troviamo al supermercato se andiamo a guardare bene come sempre dovremmo fare recita: “olio prodotto da olive di origine comunitaria e non”. Ma vi sembra una dicitura chiara? Da dove provengono queste olive? Dove sono state molite? Che qualita’ aveva l olio dopo la molitura e prima che venisse blendato con gli altri? Quale’ e’ l’anno di raccolta?

Mi sembra che siano tutte domande piu’ che legittime o mi sbaglio? La grande industria vorrebbe che l’unico parametro di quaita’ fosse l’acidita’ dell Olio  (https://www.benessere.com/alimentazione/alimenti/oliva6.htm) . Ma e’ cosi’ facile correggere l’acidita’!!!! Secondo voi un Olio lampante cioe’ con acidita’ alta che secondo le classificazioni e’ considerato non commestibile miscelato ad un olio con bassa acidita’ puo’ riportare a specifica la miscela?  Certo che si!!! Dareste ai vostri figli una miscela di qualcosa definito non commestibile con qualcosa di commestibile? Penso di no!! Ed il blendaggio e’ il sistema piu’ semplice per correggere l acidita’…..se poi si decide di ricorrere alla chimica i sistemi per correggere questo parametro sono molti.

E’ per questo che l’analisi organolettica deve essere altrettanto importante. L’analisi organolettica e’ fatta da un team di assaggiatori professionisti cioe’ addestrati a fare questo mestiere guidati da un capo panel. Il loro compito e’ certificare che un olio sia privo di difetti che abbia la mediana del fruttato maggiore di zero ( https://chimicavegni.weebly.com/uploads/1/5/7/2/15724108/panel_test.pdf ) per poterlo definire un olio extravergine……. Ma voi capite che la grande industria i panel li ha in casa e la loro obiettivita’ sarebbe quanto meno da mettere alla prova.

Allora come si fa? Secondo me e’ facile. Facciamo si’ che tutto sia tracciabile anche per l ‘olio di oliva. Le cultivars componenti, la zona di produzione fino ad arrivare alla particella dell’ oliveto di produzione. Anno di raccolta e di molitura. Chi ha molito dove etc etc. Vi sembra eccessivamente complicato? Credetemi non lo e’. Per chi opera onestamente tutte queste informazioni sono gia’ disponibili in maniera digitalizzata. Se non ci credete date una occhiata al portale SIAN (https://www.sian.it/portale-sian/home.jsp) rimarrete sbalorditi della quantità ed accuratezza delle informazioni ivi contenute incluso tutto cio’ che riguarda l olio. Quindi controlliamo di tanto in tanto se quello dichiarato in etichetta e’ vero. Oggi con meno di 100 euro si puo’ fare una prova del DNA che certifica in maniera inequivocabile le cultivar di provenienza dell olio. Sembra facile no?

Insomma per elevare la qualita’ e salvaguardare la salute….cominciamo a fare quello che facevano gli indiani…..”seguiamo le tracce…”

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